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Il ‘casatiello napoletano’

11 Aprile 2022 louis
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Oggi daremo il giusto tributo ad un prodotto della cucina napoletana che tecnicamente non può essere classificato come ‘dolce’, in quanto di elementi dolci non ne presenta nella sua composizione, ma che in effetti potrebbe esserlo perché c’è chi lo consuma a fine pasto, magari accompagnato da un buon bicchiere di vino casareccio dolce, così come c’è chi preferisce usarlo a mò di pane, accompagnando secondi piatti e contorni.

Sia come sia, il casatiello fa parte della storia di Napoli, ed è giusto concedergli un bell’applauso. Lo si suole preparare nel periodo pasquale, e costituisce parte integrante di tutto ciò che si suole fare durante queste festività, anzi potremmo dire che è lui il vero protagonista; non c’è famiglia napoletana che non imbandisca la sua tavola pasquale senza presentare un casatiello a centro tavola…bello, alto, fragrante, e con le sue caratteristiche ‘X’ che intrappolano le 4 o 5 uova che decorano la parte superiore. Impossibile non assaggiarne almeno una fetta nella vita.

Origini e storia del ‘casatiello’

Così come nel caso di un altro famosissimo prodotto della gastronomia partenopea, la pastiera, bisogna fare un salto indietro fino al 1600 circa per trovare le sue origini, ma c’è chi è pronto a giurare che la nascita del casatiello sia avvenuta ancor prima di quell’epoca; in effetti alcuni versi del poeta napoletano Giambattista Basile, vissuto un secolo prima, già menzionavano i due manicaretti, presenti sulle imbanditissime tavole dell’aristocrazia di quel tempo.

E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato. In questi versi, tratti dalla sua favola La Gatta Cenerentola, Basile descrive nei dettagli tutto ciò che era presente sulla tavola del Re, imbandita a festa per aver trovato la fanciulla che aveva perso la scarpetta; non solo si parla sia della pastiera che del casatiello, ma si evince anche che a quell’epoca quando si festeggiava qualcosa c’era cibo in abbondanza per tutti.

Come si prepara

Si fanno sciogliere 25 grammi di lievito di birra in circa 100 ml di latte, quindi si dispongono sul piano di lavoro circa 500 gr di farina disegnando un cerchio e lasciando spazio al centro; in questo spazio va versato il lievito sciolto con la giusta dose di sale, pepe, un bicchiere d’acqua. Una volta lavorato il tutto, ottenuto l’impasto, e steso sul tavolo con forma rettangolare, si aggiungono 50 grammi di strutto di maiale, 100 grammi di provolone, 100 grammi di prosciutto cotto e 100 di salame napoletano a dadini, e 100 grammi di pecorino grattugiato.

Si ‘arrotola’ poi questa specie di grosso salame di impasto ripieno di tutto il ben di dio che abbiamo descritto, ma non prima di averne tenuto da parte una pallina per le famose striscioline ad ‘X’ che serviranno per fissare le 4/5 uova che decoreranno il casatiello, e si dispone in uno stampo per grosse ciambelle. lasciandolo lievitare per un paio d’ore. Ad impasto lievitato, si aggiungono in superficie le uova così come sono, magari pulendo il guscio da eventuali impurità, e si ‘ingabbiano’ con le famose striscioline ad X ottenute con la pallina d’impasto che avremo opportunamente conservato. Non resta altro da fare che preriscaldare il forno a 180º, e cuocere il casatiello per circa 50 minuti.

Il ‘casatiello’ nella tradizione napoletana

Alla maggior parte dei napoletani, ma con molte probabilità anche a tantissime altre persone che condividono quest’usanza, quando si parla di casatiello viene subito in mente la Pasqua, o forse ancor di più la Pasquetta, ossia il Lunedì in Albis; già, perché generalmente è quello il giorno in cui si organizza la classica scampagnata fuori porta, con tanto di picnic all’aperto, musica, pallone, e tutto ciò che è avanzato dal pranzo pasquale del giorno prima, casatiello in primis.

Diciamo pure che il vero cestino da picnic per la gita di Pasquetta non può assolutamente non contemplare il casatiello, e lo stesso discorso vale anche per la pastiera; a fargli compagnia si trova poi solitamente anche una frittata di maccheroni, che il giorno dopo è sempre più buona, e la classica fellata, termine del dialetto partenopeo che descrive alla perfezione un tagliere misto con ‘felle’ (fette) di salumi e formaggi misti. Buona Pasqua!